Tang Hui, una donna cinese condannata a 18 mesi di rieducazione
in un campo di lavoro per aver chiesto pene più severe contro i sette
uomini che avevano costretto la figlia 11enne a prostituirsi, è stata
liberata dopo una forte mobilitazione in suo favore su Internet che ha
smosso l'opinione pubblica.
Una storia che ha dell'incredibile nella Cina post moderna e precapitalistica
al di là delle ragioni individuali. I fatti, in breve. Tang Hui era
stata condannata per aver protestato con veemenza, in più occasioni,
davanti agli uffici governativi, contro le pene inflitte ai sette uomini
che avevano rapito, stuprato e poi costretto a prostituirsi la figlia -
all'epoca di soli 11 anni, oggi 17enne, rapita nell'ottobre 2006, e
ritrovata il 30 dicembre dello stesso anno. Il 5 giugno scorso, dopo
dunque sei anni, la corte ha pronunciato la sentenza contro i sette
imputati: due condanne a morte, quattro ergastoli e 15 anni di carcere.
Tang, invece, aveva chiesto la pena capitale per tutti e sette. Stando a
quanto riporta l'agenzia di stampa Xinhua, la colpa più grave per Tang
però era di aver accusato in particolare la polizia della città di
Yongzhou, nella provincia centrale di Hunan. E l'accusa contro costoro
era di aver manomesso le prove contro i sette uomini, con l'obiettivo di
ottenere per loro pene più leggere. La condanna della donna non è
passata sotto silenzio, anzi, provocando da subito una forte
indignazione nell'opinione pubblica cinese, con migliaia di internauti
che hanno chiesto una riforma del sistema penale, criticando il sistema
di rieducazione con il lavoro. Dopo la mobilitazione, finalmente le
autorità hanno accolto l'appello presentato tre giorni fa dai legali di
Tang Hui motivando il rilascio con la necessità, della figlia, di essere
seguita dalla madre.
Qui sopra Tang Hui mentre mentre mostra la foto di sua figlia rapita;
nella foto di copertina, la donna mentre racconta la sua vicenda ad un
cronista
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