giovedì 16 agosto 2012

La chiesa cattolica deve svelare gli abusi

opera di Claudio Bimbi
Chi ha vissuto l’esperienza della pedofilia come vittima, chi la conosce da vicino perché sa cosa significa nello sguardo e nel vissuto di un’altra o un altro che ama, aver attraversato questo dolore, si sente ancora di più violato di fronte al polverone mediatico e all’affanno umano di coloro che stanno prendendo in ogni modo le parti di Don Ruggeri, il prete quarantatreenne in carcere per essere stato filmato dalla polizia in atteggiamenti erotici spinti con una tredicenne in spiaggia.
C’è chi dice che non si tratta di pedofilia e piuttosto di abuso di minore, chi dice che non è poi così grave perché la ragazzina è già adolescente e "si sa oggi le ragazzine come vanno in giro".

Don Ruggeri già l’anno scorso si macchiò di tale indecente e pernicioso argomento quando riprese la famiglia della minorenne violentata a Fano durante la notte bianca -scrivendo che l’abito delle ragazzine può rappresentare una provocazione.
Già forse era caduto allora nella trappola del giudizio su come si veste una ragazzina, al fine di giustificare indegnamente lo sguardo laido di chi quel corpo vuole vedere e guarda.

Occorre fare chiarezza sulle considerazioni culturali che portano a minimizzare il fatto da parte dell’opinione comune ma principalmente è necessario capire, senza paura, che cosa abbiamo di fronte.

Chiamiamolo pedofilia o abuso su minore -comunque sia si tratta di un gravissimo fatto di violenza che si basa sul potere di una figura adulta, di un uomo maturo, di un educatore e per giunta prete- che vuole eroticamente e psicologicamente avere potere sulla mente immatura, sull’immaginario in formazione, sul corpo adolescente di una ragazzina.

Il legame che si instaura tra un uomo maturo che abusa di una minore e la minore abusata è quanto di più doloroso possa costituirsi in una relazione umana.

Difficilmente la vittima riconoscerà tutto il male che le è stato fatto perché è stata plagiata dal potere di una mente adulta nel momento della crescita, nel momento in cui non si è capaci di scegliere con la maturità per dire sì o no di fronte a chi si pone con l’autorevolezza di un educatore.
Spesso l’adescamento del minore avviene nelle maniere più facili, legate alla vita quotidiana e alle abitudini del minore ed è atto a stabilire un contatto speciale e segreto per poi costruire la gabbia della segreta relazione di potere da parte di un carnefice che si fa assecondare dalla sua vittima.

Chi tende a sminuire il gravissimo fatto che ha portato in carcere Don Ruggeri poggia le sue argomentazioni su un altro aspetto che cela una gravissima mistificazione del concetto stesso di violenza sessuale.

Per motivo di immaturità civile dovuta al maschilismo imperante nella nostra ignorante società -si intende per violenza sessuale lo stupro e in particolare la penetrazione- si continua purtroppo a credere che se non c’è la penetrazione non ci sia la violenza sessuale.

Questo retaggio di una mentalità maschilista concentrata sul primato fallico e sul mito della verginità, non comprende che la violenza avviene ed è una gravissima lesione dei diritti umani, tutte le volte in cui una esperienza sessuale è imposta.
La violenza sessuale c’è sempre quando si tratta di un rapporto sessuale tra un adulto e un minore affidato a questo adulto e plagiato dalla più forte, decisa e matura volontà altrui.

La Convenzione ONU sui Diritti dell’infanzia e dell’adolescenza riconosce ai minori (bambini e adolescenti) il diritto alla protezione da ogni sfruttamento sessuale, abuso o violenza (articoli 19, 32, 34).

Il processo di ratifica della Convenzione di Lanzarote contro lo sfruttamento e gli abusi sessuali in Italia è in fase di completamento, permetterà di inserire nel Codice Penale molti reati che oggi non sono perseguibili: adescamento di minore, pedofilia culturale e pedopornografia.

Stiamo parlando di reati gravissimi che riguardano l’abuso di potere per fini erotici con persona minorenne, qualcosa che ferisce e mette in pericolo profondamente l’equilibrio mentale della vittima di abuso, la quale avrà uno sviluppo della propria vita indipendente e matura segnato per sempre dalla sofferenza di un’esperienza di negazione o soggiogamento della propria volontà.

La filosofa Martha Nussbaum, consulente per le Nazioni Unite in tema di sviluppo di programmi di protezione dei diritti umani, si concentra sul concetto di capacità umana fondamentale da sviluppare in ogni essere umano perché possa dirsi titolare di diritti umani.

Nussbaum scrive che Integrità fisica è essere in grado di muoversi liberamente da un luogo all’altro; avere assicurata la sovranità sul proprio corpo, ovvero poter essere al riparo da ogni tipo di violenza, inclusa l’aggressione sessuale, l'abuso sessuale su minori e la violenza domestica; avere la possibilità di trovare soddisfazione sessuale e di scegliere in materia di riproduzione.
Ma continua la sua riflessione trattando anche di Emozioni: Essere in grado di avere legami con persone e cose al di fuori di noi stessi; poter amare chi ci ama e si interessa di noi, soffrire per la loro assenza; in generale, amare, soffrire, sentire mancanza, gratitudine e rabbia giustificata.
Avere uno sviluppo emotivo non rovinato da eccessiva paura e ansia, o da eventi traumatici come abusi o incuria.

Nell’abuso o pedofilia, nella violenza così come è stata configurata nel caso fanese, questi punti fondamentali che orientano oggi i diritti umani, sono stati violati.
Sminuire o giustificare o insabbiare è sostenere il clima di violazione di tali diritti, per noi è essere conniventi con il clima culturale che rende possibile tale violenza.

A nostro avviso è grave che il padre della ragazza abbia esternato alla stampa la sua convinzione circa l’inconsistenza dei fatti prima di aver visionato le prove e prima che sua figlia potesse essere ascoltata da psicologa e giudice. In questo modo può aver condizionato la possibilità della figlia di esprimersi liberamente.

Grave anche che non si oda provenire da parte della Curia fanese né della comunità cattolica locale né da quella politica una parola critica; sappiamo bene che purtroppo all’interno della Chiesa cattolica, istituzione fortemente patriarcale, sono scarsi gli strumenti per trattare della questione maschile e quindi anche della violenza maschile sulle donne e sui minori.

Ma le parole che vorremmo ascoltare, e con noi sicuramente tante e tanti credenti, sono almeno quelle del Cardinale Scicluna che ha criticato le recenti Linee Guida della Cei, le quali sostengono il non obbligo di denunciare alle autorità civili i casi di pedofilia, e nemmeno si pongono il problema di chi convince a non denunciare.

Le Linee Guida confermano purtroppo la liceità di non portare a conoscenza della magistratura le eventuali prove di cui possono essere a conoscenza i Vescovi.
Di fronte alla considerazione che tale istituzione gestisce servizi all’infanzia e all’adolescenza, spesso finanziati dallo Stato, chiediamoci quali garanzie di tutela abbiamo noi genitori nei confronti della serenità e della felicità dei nostri figli se la politica che persegue la Chiesa cattolica è questa ed è criticata -anche se con voce minoritaria- al suo interno.

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