QUASI una bambina. Eppure papà e mamma sapevano che conviveva con
quell’uomo. Adulto e pregiudicato. Adesso la Cassazione ha confermato la
sentenza della Corte d’appello di Roma: concorso in violenza sessuale,
tre anni e quattro mesi di reclusione per i genitori. Andranno in
carcere.
La storia, raccontata dal Messaggero,
comincia circa sei anni fa. Quando al centro di un’inchiesta finisce
una ragazzina di 13 anni. Convive con un pregiudicato in un palazzo di
periferia, di fronte alla casa dei suoi genitori. I genitori finiranno
in cella «per aver favorito e agevolato i rapporti sessuali tra l'uomo e
la figlia minore di anni quattordici».
In Cassazione i genitori avevano provato a negare di essere a conoscenza
di quella relazione. Poi l’avvocato aveva eccepito che bisognava tener
conto dell’impuntatura di quell’adolescente. Durante il processo di
primo grado, il fratello di quella ragazzina aveva spiegato come tutto
fosse rimasto nascosto anche a lui, che i due «avevano fatto una cosa
tutta in segreto» e i genitori erano sconvolti. E così anche il papà e
la mamma: «Solo voci e pettegolezzi», giuravano.
E anche lei, la parte lesa nell’indagine, chiamata a testimoniare, aveva
ammesso alla polizia giudiziaria di convivere con quell’uomo. Poi,
però, durante il dibattimento, aveva negato. Smentito le sue stesse
parole. E se non fosse stato per quella vicina, che al pm raccontava:
parlando con la madre, mi è parso che incentivasse la relazione
considerandola «una sorta di sistemazione» per la ragazza, forse alla
condanna non si sarebbe arrivati.
La terza sezione della Cassazione, presieduta da Ciro Petti, ha respinto
il ricorso contro la condanna. Per la Cassazione, i genitori non
rispondono del reato «per non aver impedito l'evento», come richiesto
dalla difesa, ma del più grave «concorso» in violenza sessuale per aver
«favorito e agevolato i rapporti sessuali» della figlia con quell'uomo.
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