Fateci caso. Periodicamente riproposto da aspiranti leader
politici alla Fabrizio Corona, è un topos in grado di raccogliere
consensi in maniera trasversale. Provate a discutere durante una cena
tra amici di matrimonio tra omosessuali, legalizzazione delle droghe
leggere o più semplicemente di calcio e vedrete scatenersi il panico.
Sorprendentemente, invece, un tema così delicato come la riapertura
delle case chiuse è in grado di mettere d’accordo tutti,
ultraconservatori e progressisti. Quando c’è una tale uniformità di
opinioni o c’è disinformazione o è dittatura.
La
disinformazione passa, com’è logico attendersi, attraverso i principali
mezzi di comunicazione: TV e giornali. Negli ultimi anni, si è assistito
a una progressiva normalizzazione socioculturale della prostituzione,
che propone la escort come una figura glamour e vincente (ve la
ricordate la patintissima Terry de Nicolò?). Troppo spesso il commercio
del corpo femminile viene travestito da emancipazione sessuale, rendendo
sempre più difficile da individuare il confine tra reale libertà di
scelta e forte condizionamento culturale mediato da mezzi di
informazione distorti.
La
dittatura, nel nostro paese, può essere individuata nel dualismo
Rai-Mediaset, che ha innescato una spirale viziosa tale per cui a
programmi volgari, degradanti e poveri di contenuti di una rete si
risponde con programmi se possibile ancora più volgari, degradanti e
poveri di contenuti da parte dell’altra, riducendo le possibilità di
rappresentazioni di genere alternative e meno stereotipate. Gli scandali
sessuali coinvolgenti la figura del premier S. Berlusconi di qualche
anno fa, che vedevano la collocazione nel cast di fiction e reality show
(targati Rai!!!) di ragazze, anche minorenni, il cui unico merito
artistico consisteva nell’aver intrattenuto rapporti di varia natura con
il proprietario della rete televisiva concorrente, rafforzano quanto
appena detto.
Torniamo
alle case chiuse. Luoghi tetri, all’interno dei quali le ragazze
vivevano come recluse, schedate per motivi di polizia e ordine
sanitario. Si poteva uscirne, certo, ma del passaggio restava traccia
nel libretto sanitario e nei registri di polizia. Abolite nel 1958 dalla
sen. Lina Merlin, con una legge che da allora è continuamente sotto
attacco. Dopo la chiusura dei bordelli, molte delle prostitute si sono
riversate in strada, scatenando proteste di benpensanti che invocavano
maggior “pulizia” delle strade (avete mai sentito questa espressione
recentemente? Magari in bocca a qualche esponente leghista….? Manco si
parlasse di rifiuti indiffernziati).
La
globalizzazione ha prodotto un mercato di domanda/offerta di prestazioni
sessuali praticamente inesauribile e ha rafforzato gli stereotipi
creati dai clienti sulla diverisificazione e sulle qualità dei servizi
offerti dalle donne di razze diverse.
La
maggior parte delle prostitute che incontriamo sulle strade o nei
locali, infatti, proviene da fuori Italia: ragazze nigeriane, ragazze
dell’est europeo, ragazze cinesi e latinoamericane. Una sorta di menu à la carte
che sollecita il palato del macho, già disorientato e incapace di
reagire ai cambiamenti socioculturali portati avanti dal femminismo, che
gli permette di esercitare la propria mascolinità, testare la propria
superiorità data dal denaro e tornare quindi da vittorioso alla comunità
di origine per vantarsi delle proprie prodezze sessuali. Secondo i dati
dell’Oim (organizzazione internazionale migrazioni) il 79% delle
vittime della tratta viene impiegato a scopi di sfruttamento sessuale.
Il 18% per lavoro forzato, mentre il restante 3% se lo spartiscono la
servitù domestica, il matrimonio forzato, il traffico di organi e
l’accattonaggio. Le vittime della tratta, nella maggior parte dei casi,
vengono allettate con false proposte di lavoro come modelle o
parrucchiere e, una volte giunte nel paese di destinazione, costrette a
battere sotto la minaccia di botte, di ritorsione contro figli e
familiari rimasti in patria o di rituali magici come il voodoo.
Fermo
restando che il diritto di riappropriarsi del proprio corpo in assenza
di condizionamenti e di disporne in assolutà libertà, le evidenze
ricavate da studi sul fenomeno della prostituzione coatta rivelano che
la legalizzazione della prostituzione può aprire le porte alle mafie e
facilitare la riduzione in schiavitù delle lavoratrici. In quei paesi
dove la prostituzione è legalizzata accanto ai bordelli regolarmente
registrati fioriscono numerosissimi bordelli clandestini dove le
condizioni delle ragazze sono disumane, il loro diritto di rifiutare le
pratiche richieste è azzerato, i controlli sanitari sono assenti e dove
l’età delle medesime si abbassa pericolosamente. Nelle persone che hanno
questa realtà tutti i giorni sotto gli occhi, si modifica la percezione
del fenomeno prostituzione e si tende ad alzare la soglia di
tollerabilità, chiudendo un occhio sulle numerose irregolarità che si
possono verificare.
L’obiezione
che nei paesi dove i casini sono legalizzati le prostitute abbiano la
funzione di “placare” gli istinti maschili, permettendo alle donne
“perbene” di andarsene a spasso senza rischiare di essere aggredite è
disgustosa e sessita. Implica l’accettazione della violenza come parte
integrante della natura maschile e del diritto del maschio di soddisfare
i propri bisogni fisici. Se il piacere sessuale viene percepito come un
diritto, significa che per qualcun altro c’è l’obbligo di appagarlo, e
questa concezione dei rapporti uomo-donna è aberrante per chiunque
aspiri a una vera emancipazione sessuale.
Il punto
escalmativo nel titolo del pezzo andrebbe quindi cambiato in punto
interrogativo: vi è necessità di maggiore informazione che liberi il
campo dai luoghi comuni e dagli stereotipi sull’argomento, e permetta lo
sviluppo di un dibattito politico e sociale costruttivo.
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