da Globalist.it
Simpatico (ma non troppo) siparietto tra Rosy Bindi (presidente del Pd e
vicepresidente della Camera dei Deputati) ed un esponente omosessuale
di Sel che le ha chiesto «Presidente, perché non vuole che mi sposi?».
La risposta dell'esponente del Pd è stata «Io ti auguro di fare quello
che vuoi ma in questo paese c'è la Costituzione».
La questione costituzionale è stata affrontata dalla Corte con la sentenza 138/2010.
La disposizione dell'art. 29 della Costituzione stabilisce, nel primo
comma, che «la Repubblica riconosce i diritti della famiglia come
società naturale fondata sul matrimonio», e nel secondo comma aggiunge
che «il matrimonio è ordinato sulla eguaglianza morale e giuridica dei
coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell'unità
familiare».
Alcuni ritengono che l'espressione "società naturale"
identifichi la famiglia eterosessuale mentre per la Corte Costituzionale
«con tale espressione, come si desume dai lavori preparatori
dell'Assemblea costituente, si volle sottolineare che la famiglia
contemplata dalla norma aveva dei diritti originari e preesistenti allo
Stato, che questo doveva riconoscere» ed inoltre che «i concetti di
famiglia e di matrimonio non si possono ritenere "cristallizzati" con
riferimento all'epoca in cui la Costituzione entrò in vigore, perché
sono dotati della duttilità propria dei princìpi costituzionali e,
quindi, vanno interpretati tenendo conto non soltanto delle
trasformazioni dell'ordinamento, ma anche dell'evoluzione della società e
dei costumi».
Per la Corte Costituzionale «come risulta dai citati lavori preparatori,
la questione delle unioni omosessuali rimase del tutto estranea al
dibattito svoltosi in sede di Assemblea, benché la condizione
omosessuale non fosse certo sconosciuta. I costituenti, elaborando
l'art. 29 Cost., discussero di un istituto che aveva una precisa
conformazione ed un'articolata disciplina nell'ordinamento civile.
Pertanto, in assenza di diversi riferimenti, è inevitabile concludere
che essi tennero presente la nozione di matrimonio definita dal codice
civile entrato in vigore nel 1942, che, come sopra si è visto, stabiliva
(e tuttora stabilisce) che i coniugi dovessero essere persone di sesso
diverso».
Nonostante il concetto di matrimonio e di famiglia presenti nella
Costituzione siano quelli legati alla coppia eterosessuale - proprio
perché i Costituenti non affrontarono la questione delle coppie
omosessuali - ciò non significa che il matrimonio omosessuale sia
anticostituzionale perché - per la stessa Corte - la stessa Costituzione
è dotata della duttilità dei princìpi costituzionali.
Perciò «spetta al Parlamento, nell'esercizio della sua piena
discrezionalità, individuare le forme di garanzia e di riconoscimento
per le unioni suddette, restando riservata alla Corte costituzionale la
possibilità d'intervenire a tutela di specifiche situazioni».
Per la presidente del Pd «il matrimonio è un istituto pensato
storicamente per gli eterosessuali. Potreste avere più fantasia ad
inventarne uno vostro».
Forse - se si guardasse alla storia - ci si accorgerebbe che molte
istituzioni erano state storicamente pensate per gli uomini. Fino al 2
giugno del 1946 le donne erano precluse dalla partecipazione politica
mentre le forze armate hanno aperto l'accesso alle donne solamente nel
2000: quindi - nonostante molti istituti o istituzioni per secoli
fossero stati appannaggio solamente degli uomini - ciò non è stato un
ostacolo per riforme radicali e sacrosante.
Inoltre è proprio sicura il presidente Bindi nell'invitare gli
omosessuali ad esercitare la loro fantasia per pensare ad un istituto
"tutto loro"?
Se fossero liberi di farlo potrebbero pensare anche di adottare un
istituto che - seppur non chiamandosi "matrimonio" - abbia tutti i
diritti ed i doveri del matrimonio incluso quello di adottare dei
bambini. Se invece il Parlamento sentisse la responsabilità della
decisione potrebbe benissimo introdurre il matrimonio tra omosessuali ma
vietando l'adozione.Per Rosy Bindi sarebbe meglio un matrimonio
omosessuale senza la possibilità di adottare o un'unione civile con
possibilità di adozione?
Inoltre non dovrebbe essere proprio compito della politica quello di
estendere i diritti laddove non entrino in contrasto con altri? Di certo
il matrimonio omosessuale non lede nessun diritto altrui come ha
stabilito la stessa Corte costituzionale nella citata sentenza.
Se agli omosessuali viene richiesto di inventare un istituto ad hoc per
il matrimonio come in una nuova apartheid, forse gli stessi omosessuali
potrebbero pensare anche ad un proprio regime fiscale.
A conti fatti un omosessuale non avrà mai bisogno di scuole o università
presso cui inviare i propri figli, reparti di ginecologia o pediatria,
non potrà usufruire della pensione di riversibilità del defunto partner,
ecc.
Se la politica chiede agli omosessuali di inventarsi un istituto
giuridico specifico per le loro unioni, perché la stessa politica non
adotta un'imposizione fiscale "speciale" considerato che il peso sociale
di un omosessuale è inferiore a quello di un eterosessuale?
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